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Flotilla e Gaza: scatta la diffida ai governi Italiano e Israeliano

25 Settembre 2025

Roma- Flotilla e Gaza: scatta la diffida ai governi Italiano e Israeliano

Noi sottoscritti avv.ti Patrizia Corpina, Tatiana Montella, Serena Romano, Stefano Greco,
Lucia Gennari, Cristina Laura Cecchini, Sonia Randazzo, Francesca Cancellaro e Gaetano
Mario Pasqualino in qualità di difensori di fiducia di 49 cittadini italiani, tutti allo stato
partecipanti alla missione umanitaria internazionale “Global Sumud Flotilla”, domiciliati

presso lo studio delle Avvocate Patrizia Corpina in Capo d’Orlando (ME), Via A. Volta n 82,
Tatiana Montella in Roma, Via delle Medaglie d’Oro 169 e Francesca Cancellaro, in
Bologna, Piazza dei Calderini n 1, ai fini del presente atto, come da mandato che si allega,
desideriamo richiamare l’immediata attenzione delle S.s. L.l su quanto segue.
La missione a cui i nostri assistiti hanno deciso di aderire costituisce la più ampia operazione
umanitaria e marittima mai coordinata a livello internazionale, con la partecipazione di
persone provenienti da oltre 44 Paesi di tutti i continenti.
L’obiettivo è chiaro e conforme al diritto internazionale: consegnare beni di prima necessità
alla popolazione di Gaza, istituire un corridoio umanitario marittimo, favorire un cessate il
fuoco immediato ed incondizionato e garantire un accesso libero e senza ostacoli agli aiuti
umanitari.
A questa missione, esplicitamente pacifica e umanitaria, prendono parte, tra gli altri, i 49
cittadini italiani assistiti dai sottoscritti – tra cui medici, personale infermieristico, giornalisti,
avvocati, parlamentari e rappresentanti della società civile – imbarcati insieme a persone di
altre nazionalità sia su barche battenti bandiera italiana, sia su barche che navigano sotto
bandiere di altri paesi.
La situazione a Gaza ha raggiunto i livelli di una catastrofe umanitaria di proporzioni senza
precedenti: bombardamenti su obiettivi civili, una carestia classificata al livello 5 dalle
Nazioni Unite e l’impossibilità di accedere alle cure mediche hanno provocato centinaia di
migliaia di vittime, se si considerano le migliaia sepolte sotto le macerie o destinate a morire
per fame o malattie, con donne e bambini tra i più colpiti.
Tali condizioni non sono casuali o puri effetti collaterali, ma il risultato di un assedio
deliberato al fine di realizzare la distruzione del territorio di Gaza e la sistematica
eliminazione del suo popolo.
La Commissione internazionale d’inchiesta delle Nazioni Unite, con il rapporto
A/HRC/C/60/CRP.3 del 16 settembre 2025, ha concluso che le autorità israeliane hanno
commesso atti di genocidio contro i palestinesi a Gaza, avendo individuato prove dell’actus
reus — uccisioni, danni fisici o mentali, imposizione di condizioni di vita volte alla
distruzione del gruppo, misure per impedirne le nascite — e del dolus specialis. Inoltre, la
Commissione ha rilevato che l’imposizione dell’assedio totale, il blocco degli aiuti e la

distruzione di infrastrutture sanitarie sono condotte consapevolmente adottate con cognizione
dell’elevata probabilità di causare distruzione del gruppo.
Il deliberato rifiuto di fornire cibo, medicinali e beni di prima necessità alla popolazione
civile rappresenta una grave violazione del diritto internazionale. L’articolo 8 dello Statuto di
Roma della Corte Penale Internazionale (CPI) considera “l’affamamento di una popolazione
civile come metodo di guerra” un crimine di guerra.
Inoltre, ai sensi dell’art. II, lett. c) della Convenzione ONU del 1948 sulla prevenzione e la
repressione del genocidio, l’imposizione di condizioni di vita volte a determinare la
distruzione fisica di un gruppo, anche mediante la fame, configura genocidio. La Corte
internazionale di giustizia ha emesso tre misure provvisorie (gennaio, marzo e maggio 2024)
che impongono a Israele di garantire la fornitura di servizi essenziali, l’accesso di aiuti
umanitari a Gaza, e di evitare qualsiasi atto riconducibile agli elementi del crimine di
genocidio.

Quello di prevenire il genocidio, sancito dall’articolo I della Convenzione per la prevenzione
e la repressione del crimine di genocidio del 1948, è un obbligo inderogabile del diritto
internazionale. Tale obbligo, come ha chiarito la Corte Internazionale di Giustizia nel caso
Bosnia v. Serbia (2007), si attiva “non solo quando il genocidio è già in corso, ma non
appena uno Stato apprende o avrebbe dovuto apprendere dell’esistenza di un rischio serio di
genocidio”.

L’obbligo di prevenzione comporta per lo Stato l’impegno a porre in essere “tutte le misure
ragionevolmente disponibili” per evitare la commissione del crimine, anche quando tali
misure non garantiscano il risultato.
Le misure cautelari della Corte Internazionale di Giustizia sono quindi vincolanti non solo
per Israele ma anche per gli Stati terzi. E dunque dal momento in cui l’Italia – così come ogni
altro Stato contraente – si è trovata formalmente a conoscenza dell’esistenza di un rischio
grave e concreto di genocidio a Gaza, ha l’obbligo giuridico di agire.

Il blocco che impedisce l’accesso a beni indispensabili per la popolazione di Gaza giustifica
pienamente la nostra missione. Ai sensi dell’articolo 33 della IV Convenzione di Ginevra
(1949) sono vietate le punizioni collettive e le misure di intimidazione nei confronti della
popolazione civile. L’articolo 54 del I Protocollo aggiuntivo del 1977 vieta espressamente di

utilizzare la fame contro la popolazione civile come metodo di guerra e di distruggere beni
indispensabili alla sopravvivenza, quali cibo, acqua, medicinali e infrastrutture sanitarie. Tali
condotte, quando mirano a sottoporre intenzionalmente un gruppo a condizioni di vita tali da
comportarne la distruzione fisica totale o parziale, rientrano nella definizione di genocidio
contenuta nell’articolo II, lettera c), della Convenzione ONU del 1948 per la prevenzione e la
repressione del crimine di genocidio.
Il diritto internazionale umanitario garantisce la protezione del trasporto di aiuti, del
personale umanitario e delle navi impegnate nella consegna di beni indispensabili ai civili. Ai
sensi dell’articolo 70 del I Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra, le parti in
conflitto hanno l’obbligo di consentire e facilitare il passaggio rapido e senza ostacoli di
soccorsi umanitari. Inoltre, gli articoli 23 e 55 della IV Convenzione di Ginevra impongono
alla potenza occupante di permettere il libero transito di medicinali, generi alimentari e altri
aiuti essenziali, e di garantire che la popolazione sia adeguatamente rifornita.
Nonostante ciò, l’intervento degli Stati si è dimostrato insussistente e, per tale ragione, i
nostri assistiti si sono visti costretti ad assumersi il compito di adempiere, attraverso questa
missione, a quei doveri di tutela umanitaria che tutti gli Stati, in base al diritto internazionale,
dovrebbero essere chiamati a rispettare e promuovere.
La missione della Global Sumud Flotilla è, dunque, del tutto legale perché:
• umanitaria: trasporta aiuti essenziali;
• pacifica: è disarmata e trasparente.
• necessaria: risponde a gravi e sistematiche violazioni del diritto internazionale, inclusi
genocidio e crimini di guerra.

La Corte Internazionale di Giustizia, nel parere consultivo del luglio 2024, ha inoltre
affermato che l’occupazione della Striscia di Gaza è illegale sin dal 2005. Conseguentemente
Israele non può estendere la propria giurisdizione sulle acque prospicienti Gaza, che sono e
devono restare sotto la giurisdizione di Gaza.
Ciò nonostante, sin dai primi giorni successivi alla partenza, la Global Sumud Flotilla è stata
oggetto di ripetute aggressioni da parte di droni armati, dapprima nel porto tunisino di Sidi
Bou Said – ove rispettivamente il 9 e il 10 settembre le barche Family e Alma hanno subito
l’attacco da parte di droni che hanno sganciato sulle imbarcazioni materiale incendiario, che

le ha danneggiate mettendo in pericolo l’incolumità dell’equipaggio – e successivamente nella
notte tra il 23 e il il 24 settembre 2025 mentre le imbarcazioni della missione navigavano in
acque internazionali, entro la zona di ricerca e soccorso greca, a sud ovest dell’isola di Creta.
Tali aggressioni pongono a rischio la sicurezza della navigazione, la vita e l’incolumità stessa
degli equipaggi. Questi episodi, insieme agli abbordi, ai sequestri e ai trasferimenti forzati di
attivisti verso Israele subiti dalle precedenti missioni della Freedom Flotilla, oltre a
rappresentare azioni ostili che integrano violazioni del diritto internazionale, paragonabili a
crimini di guerra e atti di pirateria, mettono in evidenza l’urgenza di un intervento immediato
da parte delle autorità italiane.
L’articolo 87 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare definisce
chiaramente la libertà di navigazione in alto mare. Le navi della Sumud Flotilla sono quindi
sottoposte unicamente alla giurisdizione dello stato di bandiera, che ha l’obbligo di
proteggere l’equipaggio da qualsiasi attacco illecito, come quello subito la notte scorsa a
mezzo di droni e bombe sonore.
Il diritto internazionale umanitario garantisce la protezione del trasporto di aiuti, del
personale umanitario e delle navi impegnate nella consegna di beni indispensabili ai civili. Ai
sensi dell’articolo 70 del I Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra, le parti in
conflitto hanno l’obbligo di consentire e facilitare il passaggio rapido e senza ostacoli di
soccorsi umanitari. Inoltre, gli articoli 23 e 55 della IV Convenzione di Ginevra impongono
alla potenza occupante di permettere il libero transito di medicinali, generi alimentari e altri
aiuti essenziali, e di garantire che la popolazione sia adeguatamente rifornita.
La Global Sumud Flotilla, in quanto missione pacifica che rispetta i criteri di indipendenza
neutralità, umanità e imparzialità, rientra pienamente nella protezione prevista da queste
norme. Qualsiasi ostacolo o interferenza nei suoi confronti costituisce una violazione grave
del diritto internazionale e comporta responsabilità internazionali per lo Stato che la pone in
essere. Il Governo italiano ha il dovere giuridico e costituzionale di garantire la protezione
dei propri cittadini, anche quando essi si trovano all’estero o in acque internazionali.
In tale contesto, richiamo particolare merita la protezione consolare e diplomatica: la
Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963, agli artt. 5 e 36, garantisce ai
cittadini italiani all’estero il diritto di ricevere assistenza consolare in caso di arresto, fermo,
espulsione o emergenze. Inoltre, il diritto internazionale consuetudinario e la Corte

internazionale di giustizia (tra cui le sentenze Barcelona Traction e Nottebohm), attribuiscono
allo Stato d’origine la facoltà – e in determinati casi l’obbligo – di esercitare la protezione
diplomatica a favore dei propri cittadini quando essi subiscono all’estero trattamenti contrari
al diritto internazionale.
Anche la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (art. 2), come costantemente interpretata
dalla Corte EDU, impone agli Stati un obbligo positivo di protezione della vita e
dell’integrità dei propri cittadini, anche in contesti extraterritoriali.

Inoltre, rappresentiamo che stante la situazione fino a qui descritta, gli attacchi contro le
imbarcazioni civili della Global Sumud Flotilla, ad opera di droni armati non altrimenti
identificati, configurano atti di pirateria, perseguiti come reato ai sensi della legge di ratifica
ed esecuzione della convenzione per la repressione dei reati diretti contro la sicurezza della
navigazione marittima, legge n. 422 del 28 dicembre 1989, all’art. 3. Tale circostanza
configura precisi obblighi in capo allo Stato Italiano poiché il diritto internazionale, e in
particolare la convenzione di Montego Bay del 1982, all’art. 100, stabilisce che “Tutti gli
Stati esercitano la massima collaborazione per reprimere la pirateria nell’alto mare o in
qualunque altra area che si trovi fuori della giurisdizione di qualunque Stato”.

Apprendiamo da fonti di stampa che le autorità italiane hanno autorizzato l’intervento
immediato della fregata multiruolo Fasan della Marina Militare. Apprezziamo la decisione
come un positivo segnale di attivazione da parte del governo evidenziando che, stante la
gravità della situazione, è necessario che tale intervento sia quanto mai incisivo ed efficace,
che non ostacoli in alcun modo la missione umanitaria e “protegga” i cittadini italiani nel
proseguimento della navigazione verso Gaza.
Pertanto, in un’ottica di trasparenza, chiediamo di rendere pubbliche le regole di ingaggio
della fregata Fasan e i contenuti delle comunicazioni intercorse con le autorità israeliane dopo
gli attacchi della notte scorsa.
Alla luce di ciò, con la presente rivolgiamo al Governo italiano un richiamo fermo al proprio
dovere costituzionale e internazionale di proteggere i cittadini italiani che si trovano fuori dal
territorio dello stato adottando misure tempestive ed efficaci per prevenire interventi violenti
da parte di Israele e monitorando attivamente ogni eventuale attacco ai partecipanti italiani.
Tutto quanto sopra esposto e considerato, noi sottoscritti avvocati

DIFFIDIAMO

le Autorità in indirizzo ad:
– Inviare immediatamente comunicazioni diplomatiche formali e pubbliche al Governo
israeliano, sollecitando la non interferenza con le navi della Global Sumud Flotilla, e la
protezione delle imbarcazioni, del loro carico di aiuti umanitari, e dei passeggeri;
– Condannare fermamente e prevenire qualsiasi ulteriore tentativo o atto di intercettazione
delle navi e di detenzione dei loro passeggeri;
– Riconoscere ed affermare lo status di missione umanitaria della “Global Sumud Flotilla”,
dichiarando che qualunque intercettazione, atto violento, ferimento, arresto o rapimento di
cittadini italiani costituisce un atto ostile e illegittimo ai sensi del diritto internazionale;
– Attivarsi per l’immediato accertamento delle responsabilità relative di ogni atto ostile e
illegittimo ai sensi del diritto internazionale e integrante gli estremi di reato contro la vita e
l’incolumità delle persone;
– Prevenire ogni forma di arresto o trasferimento forzato di cittadini italiani in Israele,
garantire un monitoraggio di qualsiasi misura adottata anche attraverso attivazione costante
delle autorità consolari sui procedimenti e sugli atti adottati e sulle condizioni dei cittadini
italiani, anche considerati i precedenti trattamenti subiti dagli equipaggi delle navi Madleen e
Handala;
Precisando sin d’ora che, in difetto, saranno adite le competenti sedi giurisdizionali nazionali
ed internazionali.
Comunicato Stampa

Alessandro Cicalese

Studente all'Accademia delle Belle Arti di Napoli, Indirizzo Cinema e Audiovisivo

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