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Panettoni e frodi: la parola al Tecnologo Alimentare

Intervista a Simona Lauri

18 dicembre 2023

Milano- Panettoni e frodi, anche questa fine anno è partita col botto. I carabinieri del Nas (nucleo anti sofisticazioni) hanno iniziato i controlli a tappeto per garantire agli utenti correttezza e genuinità degli ingredienti utilizzati.

Secondo i Nas, si vendono infatti come “lavorazione artigianale” prodotti industriali riconfezionati. In alcuni casi mancano etichettatura e tracciabilità “con forte sospetto di analoga condotta illecita”, spiegano i carabinieri.

Abbiamo raggiunto Simona Lauri, Tecnologo Alimentare, esperta di Panificazione e Dolci.

Dottoressa Lauri, lei non solo come panificatore artigianale ma in qualità di Tecnologo alimentare, abituata anche a fare perizie di parte e/o per i tribunali si occupa anche di frodi. Ci faccia dei piccoli esempi di comunissime frodi.

Certamente basta aprire un qualsiasi social e tutti i giorni ti imbatti in frodi amministrative quando non c’è anche il penale anche pesanti a partire proprio da alcune aziende.

Ecco la prima: alcune aziende molitorie utilizzano come denominazione di vendita la parola “farina semintegrale” proprio sull’onda del marketing lanciato da qualche nutrizionista, medico, ecc. Non esiste questo termine perché non esiste quella farina.

La legge che regola il commercio e la vendita degli sfarinati è il DPR 187/2001 che fissa la denominazione corretta di vendita della farina classificandola in 5 categorie: Tipo 00,0,1,2 ed integrale in base alle specifiche di ceneri (min e max) e proteine min. Solo queste possono essere utilizzate come corretta denominazione legale di vendita sui sacchetti o sui sacchi e chiunque sui social faccia video in cui cita la farina semintegrale o ancora peggio la farina 000 sta diffondendo una illegalità. Alcune aziende fanno finta di non conoscere il DPR 187/2001… figuriamo come si amplifica la frode se poi a cascata i pizzaioli, panificatori, ecc., amanti più della loro immagine che delle informazioni che trasmettono, amplificano l’informazione. Una frode ripetuta NON diventa una legalità cosi come una bugia ripetuta NON diventa realtà anche se qualcuno (troppi!) ci prova.  Non parliamo poi dell’estrosità dei termini utilizzati per solo marketing  pubblicitario quando si descrive la macinazione; macinazione extravergine, macinazione integrata, macinazione di grani da selezione climatica, ecc.

Ormai siamo in un mondo e in una Era in cui tutti vogliono fare tutto e sono bravi a fare tutto senza, la maggior parte delle volte, le opportune conoscenze. Da professionista tecnologo alimentare ancora prima che panificatore artigiano dico che è già molto difficile fare il proprio mestiere figuriamoci pensare di fare il lavoro di un altro. Capisco che un artigiano abbia moltissimi impegni oppure non abbia le competenze adeguate per muoversi in un ambito legislativo/fiscale, ma  a quel punto dovrebbe rivolgersi a consulenti esterni per mantenersi aggiornato sulle ultime normative, per evitare i verbali/denunce,  piuttosto che fare da se soprattutto in un ambito complesso come quello dell’etichettatura e il commercio (ultimo aggiornamento legislativo D.Lgs 116/2020). Le leggi in proposito sono severe, cosi come sono severe le sanzioni previste dai rispettivi decreti sanzionatori.

Faccio un piccolissimo esempio; mi è recentemente  capitata  sott’occhio un’ etichetta di un “Panettone senza glutine” prodotto in una pizzeria (a sua volta, proprio perché denominato “Panettone” deve rispettare – la normativa nazionale – Legge 2005, aggiornata proprio a maggio 2017 per il comparto “senza glutine”) – etichetta peraltro non a norma secondo l’attuale D.Lgs 116/2020 – in cui tra gli ingredienti non si citava neanche la farina. Ora, a parte il verbale molto pesante al professionista (tra l’altro con locale certificato da AIC), come possono fidarsi le persone celiache di quel professionista se non conosce la legislazione e non sa neanche etichettare correttamente il suo prodotto? Chi mi garantisce la sicurezza igienica se dall’etichetta traspare pressapochismo, scarsa conoscenza e attenzione?

Ecco non fidatevi solo della “spiga sbarrata” ma assicuratevi della correttezza delle informazioni riportate.

Siamo in un periodo in cui tutti fanno panettoni, pandori ecc.. Basta aprire facebook e tutti (appassionati casalinghi compresi) pubblicano foto e disquisiscono su come deve essere fatto. Cosa ci dice in proposito? Quanta non verità c’è e quanti frodi si nascondono?

Il disquisire sempre su un certo aspetto fino all’inverosimile come, per esempio, deve essere la madre, il pH, la cupola, ecc. fa perdere di vista al lettore  il reale problema

Possono quel dolce chiamarlo “panettone” ?

Lo possono commercializzare con quella denominazione di vendita o vogliono far passare un dolce con uova, burro, uvetta e canditi per “Panettone”, commettendo una frode in commercio che può portare al sequestro della merce?

La denominazione “panettone”, cosi come “pandoro”, “savoiardo” , “colomba” , “amaretto”, “amaretto morbido” è riservata UNICAMENTE, secondo della Legge 2005 aggiornata con DM 16 maggio 2017, ad un prodotto in cui si prevede un elenco tassativo di ingredienti e le  relative %.  NON sono pertanto ammessi ingredienti come margarina, olio, polvere di uova, ecc.

Può quel dolce essere fatto e venduto nelle pizzerie, nei ristoranti, ecc.?

A questo aspetto non ci bada nessuno, perché lo danno per scontato. In realtà la maggior parte dei locali citati lo producono e lo vendono senza avere gli opportuni codici ATECO (acronimo di Attività Economiche) . I codici ATECO sono dei codici che vengono attribuiti dalle Camere di Commercio , Agenzia delle Entrate, Ministeri ecc. alle attività imprenditoriali e sono collegate alla partita IVA . Una partita Iva può avere più codici. Un ‘attività di ristorazione con somministrazione (per esempio una pizzeria) ha uno specifico codice ATECO (561011) e SE NON  possiede quelli relativi alla produzione e commercio di pane/ pasticceria NON può produrre per vendere il pane, panettoni, pasticceria varia.

I controlli possono essere effettuati da Guardia di Finanzia, Polizia Locale e Polizia Giudiziaria, in pratica tutte le persone che indossano una divisa.  Le sanzioni  sono pesanti perché si somma la vendita in nero, la mancata applicazione corretta dell’IVA ecc.

Alcuni NON professionisti  non sono da meno;  semplici appassionati amatoriali che NON sono professionisti chef, pasticceri, panificatori ecc., ma si spacciano per tali che incassano in nero i soldi della partecipazione ai  Corsi che erogano ad altri non professionisti all’interno di locali, ufficialmente registrati al catasto come “Abitazioni Private”, in cui sono presenti impianti elettrici e attrezzature non a norma, vie di fuga inesistenti, antiinfortunistica non pervenuta ecc.,  in cui tutti toccano tutto, producono non a norma e vendono impunemente in nero con tanto di tariffario sui social, magari anche a professionisti.  Questo fenomeno è diffuso in alcune regioni più di altre ma tutta l’Italia è, purtroppo, Paese.

Sui social, ormai, siamo arrivati a un punto tale che le frodi sono cosi plateali che passano inosservate; mi ricorda la vecchia storia, durata quasi due anni, dell’additivo colorante carbone vegetale – vietatissimo  nel pane –  prima che partissero gli UNICI sequestri del glorioso Corpo Forestale, estremamente attenti e preparati su ogni aspetto degli alimenti (non solo su quelli!)

Basta aprire il social più comune ed ecco servite le illegalità su un piatto d’argento; basta volerli fare i controlli, perchè le occasioni d’ ispezioni da parte di Gdf , Nas carabinieri, carabinieri forestali, polizia locale, ispettori UNPISI, ispettori ICQRF, ASL non mancano.

Maria Rosaria Voccia 

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