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Comunità Energetiche, siamo in linea con gli obiettivi climatici 2030?

3 novembre 2022
Roma– Il 29 giugno 2022 il consiglio europeo ha adottato il pacchetto

“pronti per il 55%”  che racchiude  l’insieme degli orientamenti
generali sulle riduzioni delle emissioni e sul loro impatto sociale.
Il pacchetto ha l’obiettivo di  revisionare, adeguandola, tutta la
normativa UE per allinearla agli  obiettivi climatici 2030 di
riduzione  del 55%  delle  emissioni  di gas ad effetto serra.  Il
 quadro normativo deve necessariamente essere  molto  equilibrato per
garantire  non solo la equa  transizione  dal punto di vista sociale
ma, anche, la competitività  dell’industria europea e la sua
leadership nella lotta globale ai cambiamenti climatici.
È iniziato un conto alla rovescia che richiederà un enorme impegno
della commissione europea  e di tutti gli Stati membri, considerato
che mancano solo sette anni alla data obiettivo. Riguardo alle energie
rinnovabili, il  pacchetto Pronti per il 55%  propone  di aumentare al
40% la quota parte  percentuale di energia rispetto al consumo
 complessivo. L’aumento dell’uso di energie rinnovabili dovrà essere
raggiunto soprattutto in quei settori dove  i progressi sono stati più
lenti: trasporti, edilizia e industria.
L’aumento dei prezzi delle energie non rinnovabili e  le difficoltà di
approvvigionamento, aggravate dal conflitto in corso in Ucraina,
 hanno accelerato la consapevolezza dei Paesi membri UE  dell’urgente
necessità di raggiungere il prima possibile l’autonomia energetica e,
soprattutto,  di accelerare verso la neutralità energetica. Ma come
raggiungere l’indipendenza energetica e, a tendere, entro il 2050
anche quella   dall’utilizzo di energie non rinnovabili?
Se ne discute molto e tante ipotesi sono allo studio, ma per
assicurare un futuro sostenibile al  nostro Paese  è davvero
indispensabile  abbandonare i luoghi comuni e uscire dagli schemi
precostituiti.
Se  da un certo punto di vista potrebbe essere utile o, molto
probabilmente, anche necessario  esplorare nel  transitorio la
possibilità di implementare l’estrazione e lo sfruttamento di energie
non rinnovabili interne per  gestire altri futuri eventi geopolitici
incontrollabili,  non si deve nel contempo  perdere  ulteriore tempo
nella gestione della  transizione energetica verso l’utilizzo di
energie rinnovabili.   L’indipendenza energetica non deve, però,
essere considerata come una assenza di legami  tout  court dal resto
delle comunità,  ma come una rete di connessioni  vantaggiosa per tutti.
È questa la ragione per la quale è necessario  traguardare una
indipendenza energetica interna del nostro Paese da raggiungere però
in un contesto allargato all’UE, dove ciascun Paese sia una parte di
un sistema di rete di  connessioni  e abbia la garanzia di non dover
subire in futuro impatti negativi sul tema energetico a causa di
eventi geopolitici avversi.
Riguardo all’indipendenza energetica interna e, soprattutto, per gli
obiettivi di indipendenza anche dalle energie non rinnovabili, c’è
ancora molto lavoro da fare ed è urgente un rapido cambio di passo
nella progettazione, sperimentazione e realizzazione delle soluzioni,
passando anche attraverso un migliore utilizzo delle risorse destinate
dal PNRR.
È indispensabile un vero e proprio cambio di paradigma e, quindi,
occorre una  nuova  modellizzazione  del sistema di approvvigionamento
energetico a cui affiancare un efficientamento dei consumi,  per
ridurre al massimo gli sprechi. Le fonti di energia rinnovabili sono
disponibili da sempre: energia solare, energia eolica, energia
geotermica, energia idroelettrica, energia da biomassa ed  energia
oceanica: purtroppo  mancano ancora o non sono completamente
disponibili ed accessibili, gli strumenti con cui produrre l’energia
da tutte le  fonti rinnovabili.
Possiamo installare  gli  impianti fotovoltaici, le pale eoliche, le
  turbine ma siamo anche ben consapevoli  che:
occorrono incentivi per avviare il processo di produzione su scala di
modelli idonei al pieno sfruttamento delle energie non rinnovabili
che nel loro ciclo di vita utilizzino  attrezzature riutilizzabili e
con  smaltimento a impatto zero.
Occorre gestire il processo di transizione energetica con investimenti
dedicati e tempi di esercizio in linea con gli obiettivi UE.
L’Italia  produce energia da fonti rinnovabili per circa il 18%: è una
percentuale ancora molto bassa   rispetto  ad alcuni Paesi quali
Islanda (86%), Norvegia (71,5%),  Spagna (22%) e Germania (19,4%), ma
è più alta rispetto alla Francia e al Regno Unito. In sintesi, c’è
abbiamo  tanto  da lavorare  e  le date obiettivo  (UE 2030 e  2050),
 non  sono poi così lontane.
A che punto è la normativa UE e nazionale  che deve favorire la
transizione energetica,   anche attraverso  lo sviluppo di comunità
energetiche?
 Le direttive UE che riguardano le comunità energetiche sono due.
La prima direttiva, RED II, Renewable energy directive 2018/2001,  è
stata approvata nel dicembre 2018,  e    chiarisce  che  la comunità
energetica rinnovabile è  un  “ … nuovo soggetto giuridico basato
sulla partecipazione aperta e volontaria di imprese, persone fisiche,
enti o amministrazioni comunali..”.   La comunità è un soggetto
autonomo che deve essere effettivamente controllato azionisti, soci o
membri situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia
da fonti rinnovabili.
La mission delle  Comunità energetiche rinnovabili (REC, CER) è di
fornire”… benefici ambientali, economici o sociali ..”  al livello
delle comunità che le hanno  costituite.
La  seconda direttiva ,  la IEM ovvero “ ..la Directive on common
rules for the internal market for electricity 2019/944 …” , pubblicata
a giugno 2019, ha successivamente introdotto la definizione di CEC, la
 Comunità energetica di cittadini.
In Italia i riferimenti normativi sono:
il recepimento normativo avvenuto con decreto milleproroghe 02/2020,
il successivo documento di consultazione 112/20 elaborato
dall’Autorità di Regolazione e adottato nell’aprile 2020
la Delibera ARERA 318/2020 (agosto 2020)
il Decreto attuativo del MISE di settembre 2020 sull’autoconsumo
collettivo e sulle comunità energetiche.
Il Decreto Legislativo 199/2021 che recepisce La Direttiva RED II
entrato in vigore 15 dicembre 2021;
I Decreti FER 1, e FER 2  (quest’ultimo in bozza e  in fase di
revisione)  che sono finalizzati all’incentivazione  delle tecnologie
più mature (FER 1) e a disciplinare gli incentivi  necessari per
realizzare impianti a Biogas, a Biomasse, geotermici  ed Eolici Offshore
Tutta la normativa  è finalizzata  all’accelerazione  del  percorso
di  transizione energetica per  raggiungere l’obiettivo di una
crescita sostenibile  con  l’impiego di energia da fonti rinnovabili e
 in linea con gli  obiettivi di decarbonizzazione che, come in parte
già anticipato, sono :
-55% di emissioni  entro il  2030  rispetto al 1990
Zero emissioni nel 2050.
La normativa Ue RED II  (2018/2001 UE) ha  disegnato  la strada  da
percorrere e gli obiettivi da raggiungere: incentivi, regole, quadro
giuridico e finanziario.
Con il decreto 199/2021 si introducono alcune novità importanti quali,
ad esempio:
l’aumento del perimetro delle CER che passa dalla cabina secondaria a
quella primaria;
L’aumento di potenza massima del singolo impianto che passa da 200 e 1000 kWp;
Gli impianti eleggibili a partire dal   12.2021 e quelli esistenti,
fino al 30% della potenza complessiva;
L’efficienza energetica, la ricarica dei veicoli elettrici e Building
Automation.
L’aumento del perimetro e della potenza consente di aumentare le
categorie dei soggetti che potranno essere ammessi alla costituzione
delle comunità energetiche:
più comuni o comunità montane potranno unirsi in un progetto di
costituzione di comunità energetica;
un intero quartiere di una grande città che rientra nell’ambito di una
cabina primaria nei limiti di potenza massima stabiliti, può avviare
una comunità;
enti religiosi, enti di ricerca, settore terziario, le PMI e,
ovviamente anche più famiglie e condomini potranno avviare iniziative
in questa direzione.
La costituzione e le regole delle  comunità energetiche
Le comunità energetiche non possono avere come scopo principale  il
profitto e riguardo alle formule di costituzione, sono maggiormente
indicate l’associazione non riconosciuta o la cooperativa. Gli
impianti di produzione  devono essere installati  in un’area in
prossimità dei consumatori, ad esempio il tetto  per i condomini.
L’energia  prodotta deve essere condivisa  tra i costituenti  la
comunità, favorendo in questo modo lo sviluppo di energia a km zero;
 ma se l’energia è  prodotta in eccesso, può essere accumulata tramite
 sistemi  di accumulo,  per poi utilizzarla  quando le fonti di
energie rinnovabili non sono utilizzabili (p.e. la notte).
Oltre alla possibilità di accumulo dell’energia prodotta
dall’impianto, parte della produzione può essere immessa nella rete,
riconoscendo alla comunità il valore economico.
L’impianto non deve essere necessariamente di proprietà, ma può anche
essere messo a disposizione da uno dei partecipanti o da un terzo; si
possono fare convenzioni con i comuni  o altri enti pubblici  per
avere  un sostegno alle imprese di investimento per la realizzazione
dell’impianto.
Ogni socio della  comunità dovrà avere un contatore intelligente
(smart meter) che sia in grado di rilevare in tempo reale  i dati
relativi  alla  produzione, autoconsumo, cessione e prelievo dalla
rete dell’energia.
Per la messa in esercizio dell’impianto si deve  presentare  una
istanza al Gestore dei Servizi energetici (GSE). L’istanza può essere
presentata anche da una azienda esterna, se  delegata a tale scopo. Le
regole su come ripartire fra i membri i ricavi derivanti dall’energia
prodotta sono interne a quelle di funzionamento della comunità
energetica: regole che ciascuna comunità stabilisce liberamente
attraverso un contratto di diritto privato.
Le comunità energetiche  possono essere  associate anche ad un sistema
di efficientamento energetico  degli immobili  (p.e. cappotto termico,
infissi di nuova generazione, ..  ) che consentono di ridurre gli
sprechi  nell’utilizzo dell’energia, aumentando così gli impatti
 positivi  sia di natura ambientale, sia  in termini economici, perché
si abbattono ulteriormente i costi.
Il decreto legislativo   199/2021 del 15.12.2021  ha  poi introdotto
le modifiche che danno maggiore flessibilità alle comunità
energetiche, e tra queste si segnala:
La possibilità di incrementare  al 60% della copertura da fonti
rinnovabili dei consumi energetici di edifici nuovi o soggetti a
ristrutturazioni;
La facoltà  di aumentare  fino a 1 MV la dimensione dei singoli
impianti (prima era limitata a  200 kW);
L’eliminazione del  limite imposto dalla cabina secondaria, gli
impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili ora
possono essere connessi alla rete elettrica attraverso la stessa
cabina primaria (che corrisponde  a circa 4  Comuni  di piccole-medie
dimensioni o a  2-3 quartieri di una grande città), a condizione che
gli iscritti  della comunità facciano parte di tale area.
La diffusione delle comunità energetiche in Italia e nel Mondo
 l’Italia è in  ritardo nella stesura dell’impianto normativo
nazionale per le comunità energetiche rinnovabili che, invece, sono
una realtà  diffusa in molti Paesi del Nord Europa, in special modo in
Germania, Danimarca e Paesi Bassi.
Un esempio di comunità energetiche in Europa da assumere come
riferimento potrebbe essere il  l Bioenergy Village di Jühnde, in
Germania. La comunità di questo comune tedesco si è dotata sin dal
lontano 2004 di un impianto di cogenerazione a biogas da 700 kW e di
una caldaia a legname di scarto da 550 kW con i quali genera il 70%
del calore e il doppio dell’energia elettrica necessari a soddisfare
il proprio fabbisogno.
La  guida ENEA  riguardo alle comunità energetiche, stima che  per il
2050  saranno 264 milioni  di cittadini dell’Unione Europea  che si
uniranno al mercato dell’energia come PROSUMER (produttori e
consumatori di energia)  con la capacità di generare  fino al 45%
dell’elettricità rinnovabile complessiva del sistema. Le comunità
energetiche saranno quindi in grado di contribuire  attivamente  al
raggiungimento della neutralità climatica.
La transizione energetica verso le energie rinnovabili e la
costituzione di numeri sempre crescenti di comunità energetiche
necessitano di un forte piano di informazione e di formazione.
La storia della nascita delle prime comunità energetiche  in Italia
risale alla fine dell’Ottocento  con le prime  cooperative sorte in
località di montagna per garantirsi l’approvvigionamento energetico
tramite la produzione locale.  Si  potrebbe citare a tal proposito  la
SEM – Società Elettrica in Morbegno, fondata in Valtellina nel 1897:
questa  società produce ancora oggi energia elettrica attraverso otto
impianti idroelettrici con una potenza complessiva di 11 MW e un
bacino di utenti di  13.000 unità.
Se  la storia delle prime comunità energetiche ci porta al lontano
fine ‘800, non abbiamo poi fatto moltissima strada  dopo i primi
esperimenti;  è ora il momento di accelerare fortemente nell’utilizzo
di energie rinnovabili e le comunità energetiche  possono svolgere un
ruolo primario per il raggiungimento di tale obiettivo.
Sarebbe auspicabile che le comunità energetiche  diventino sempre più
numerose, un vero e proprio  ecosistema efficiente e sostenibile
 all’interno di una rete intelligente che garantisca sempre di più  la
continuità dei fabbisogni.
La transizione energetica e il passaggio da  CONSUMER a  PROSUMER e al
 PROSUMAGE
 La normativa europea e il recepimento legislativo in ambito
nazionale  stanno creando le premesse per le comunità degli utenti per
passare dal profilo di consumatore a quello di Consumatore-Produttore
e, quest’ultimo, potrà anche accumulare energia  fino a cedere  la
parte di energia che eccede i propri fabbisogni. Fin qui la normativa
che ha riconosciuto il valore giuridico delle comunità,  mettendo a
disposizione i nuovi modelli per l’autoproduzione e l’autoconsumo
energetico collettivo.
La Crescita delle comunità  sarà il volano per l’attivazione in
esercizio di un enorme  potenziale  produzione di energia derivante da
fonti rinnovabili e l’abbattimento delle emissioni di CO2 sarà la
naturale conseguenza,   insieme alla crescente autonomia dalle fonti
energetiche non rinnovabili.
È abbastanza evidente che sarà necessario avere una rete  distribuita
intelligente per produrre e consumare energia rinnovabile. La rete
sarà  molto  diversa da quella attuale, pensata a suo tempo solo per
la cessione  dell’energie. Le smart grid, termine con cui  si
identificano queste reti intelligenti, dovranno abilitare i Prosumer
con nuovi sistemi  e soluzioni di Business Analytics che gestiranno
 la complessità del modello  e  ne aumenteranno l’efficienza.
Il  profondo cambiamento nel mercato dell’energia costringerà  tutti
gli operatori del settore  ad accelerare nel processo di
digitalizzazione e a  ragionare sempre più in termini di data driven
management.
Anche nel mercato dell’energia condivisa il ruolo delle IT  sarà,
dunque,  fondamentale e strategico: I  vantaggi competitivi  saranno
sempre più legati alla capacità di mettere velocemente  in relazione i
dati  e  di analizzare le informazioni provenienti da più fonti per
proporre  soluzioni riguardo alle analisi predittive e alle
indicazioni prescrittive.
 Ma siamo davvero già pronti? Possiamo davvero dare  il via alla fase
operativa della transizione energetica verso  il nuovo modello che
aprirà all’uso di energie rinnovabili  e alle comunità energetiche?
 Sicuramente l’indipendenza energetica è oggi molto sentita perché
 dobbiamo mettere al riparo le nostre aziende e gli utenti consumatori
dagli eventi politici  che, come la guerra in Ucraina, sono
 incontrollabili. Purtroppo, però  siamo ancora in una fase embrionale
riguardo alle comunità energetiche, a causa dei ritardi  sia
legislativi  sia della normativa tecnica  di attuazione.
Il Mite in applicazione  del D.Lgs. 199/2021 aveva predisposto  nel
marzo 2022 una bozza di decreto (FER 2)  con l’obiettivo di sostenere
la produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili,
tramite la definizione di incentivi che siano da stimolo ad aumentare
la produttività e la competitività in questo settore e contribuiscano
agli obiettivi di decarbonizzazione 2030.
Cosa prevedeva la bozza del  decreto FER2 ?
Il  Ministero della Transizione ecologica, con lo schema di Decreto
“Fer2”,  aveva  previsto la concessione di agevolazioni finalizzate
all’aumento della produzione di energia a ridotto impatto
ambientale nonché al raggiungimento degli obiettivi di
decarbonizzazione al 2030.
Erano  stati previsti  incentivi per la realizzazione di
impianti innovativi e a ridotto impatto ambientale alimentati a:
eolico off-shore.
solare termodinamico con limite di potenza di 5.000 kW;
geotermico-elettrico;
biogas e biomasse, con il limite di potenza di 300 kW;
Nella bozza è  fatto carico a chi dovrà progettare e realizzare di:
avere un titolo che abiliti alla costruzione e alla messa in esercizio
degli impianti
redigere un preventivo di connessione alle reti dell’impianto
rispettare i requisiti minimi ambientali e prestazionali riportati nel
decreto.
Riguardo all’accesso alle agevolazioni, si prevedeva   la
partecipazione a  procedure pubbliche competitive, bandite dal Gestore
dei  Servizi Energetici (GSE)  nel periodo dal 2022 al 2026.
Le Regioni  hanno espresso un parere condizionato sul decreto FER 2
nel corso della conferenza unificata del 28 settembre u.s. con la
richiesta di due modifiche ulteriori:
la prima, riguarda gli impianti a biogas con la richiesta di ridurre
la distanza dalle reti di trasporto da 3km a 1,5km;
la seconda, di rimodulare la definizione di eolico off-shore
eliminando la specifica “con fondazioni fisse”.
La bozza di decreto  è stata inevitabilmente posta sotto la lente di
ingrandimento di tutti gli stakeholders coinvolti: dalle
associazioni, ai consorzi di produttori, agli  esperti del settore e,
non ultimi, da  noi cittadini tutti, perché  le regole che saranno
definite avranno un forte impatto nei prossimi anni sul  tema della
 gestione dei  servizi energetici del Paese.
L’importanza del decreto spiega anche le  numerose richieste di
revisione del testo del decreto  presentate.
Le Comunità energetiche basate sul modello Fotovoltaico
Riguardo all’utilizzo del fotovoltaico, grazie al nuovi template del
modello unico 2022   si è ulteriormente semplificato l’iter:
per la connessione degli impianti fotovoltaici che ora è esteso a
impianti fino a  200 kW;
per l’accesso al regime del Ritiro Dedicato.
I produttori interessati dovranno interfacciarsi esclusivamente con i  
Gestori di Rete per i quali è stato attivato, all’interno del portale
Area Clienti GSE, il nuovo servizio “Modello Unico – MU” che consente
la trasmissione dei file xml degli impianti che richiedono l’accesso
al Ritiro Dedicato.
 Dopo l’invio al GSE dei dati presenti nel Modello Unico, da parte dei
Gestori di Rete, il Gestore dei Servizi Energetici, provvederà
ad attivare il contratto di Ritiro Dedicato e a inviare al produttore
il codice relativo e il link per visualizzarlo sul Portale Ritiro
Dedicato – RID. Il contratto sarà attivo a partire dalla data di
attivazione della connessione, comunicata dal Gestore di Rete.
Resta invece  invariata la modalità di trasmissione del flusso
informativo per gli impianti per cui è richiesto l’accesso al regime
di Scambio sul Posto che prevede l’invio da parte dei Gestori di Rete
tramite la sezione “Scambio sul Posto” presente nel portale
di Gestione Misure Distributore – GMD.
Per quanto riguarda, invece, l’accesso ai servizi di Scambio sul Posto
o Ritiro Dedicato tramite la procedura standard, rimane invariata la
modalità prevista dal GSE, ovvero la presentazione della richiesta
direttamente dal Produttore sui portali GSE.
 La Struttura del modello unico. Il documento è così strutturato:
dati anagrafici del proprietario e dell’immobile o del bene oggetto
dell’intervento;
dichiarazione del soggetto richiedente e di dichiarazione di  essere
in possesso della documentazione rilasciata dal progettista circa la
conformità dell’intervento;
dati funzionali alla connessione e all’accesso al mercato da parte
degli impianti di produzione.
La procedura prevede la seguente sequenza:
il richiedente compila e trasmette, in via informatica, al gestore il
modello unico e prima di avviare i lavori fornisce i dati anagrafici
richiesti da ARERA;
se il gestore da esito positivo alla richiesta la pratica sarà
 immediatamente  e non è previsto l’emissione del preventivo per la
connessione.
Il richiedente invierà  copia del Modello Unico al Comune,  caricherà
i dati sul portale Gaudì e invierà copia del modello unico al GSE
Il richiedente riceverà dal gestore l’addebito degli oneri da pagare
per la connessione e dovrà inviare tramite PEC   il file dei dati
relativi all’impianto alla regione o alla provincia autonoma.
 I Ritardi delle regole attuative e delle modalità di accesso ai nuovi
incentivi
 Le comunità energetiche faticano a diffondersi in Italia per i
ritardi nella stesura delle regole  attuative e nella definizione dei
bandi per accedere ai nuovi incentivi.
Occorre lavorare con urgenza al fine di rimuovere questa criticità:
con l’insediamento del nuovo esecutivo e gli interventi dell’ARERA ci
si augura che si possa dare finalmente il via al completamento degli
iter di attivazione presso il Gestore del Servizio elettrico.
Sono ancora davvero poche le comunità energetiche che sono riuscite a
concludere l’iter nonostante l’emergenza climatica e la necessità di
fare  sempre maggiore ricorso alle fonti di energia rinnovabile. Non
sono solo i ritardi  autorizzativi a rallentare la partenza delle
nuove comunità: spesso mancano le informazioni, mancano gli incentivi
da parte del MITE,  ed  è  anche complessa la procedura dei preventivi
onerosi  per gli allacci alla RETE.
La regione Piemonte – caso d’uso per la promozione delle comunità energetiche
 La Regione Piemonte sta  promuovendo le Comunità Energetiche
Rinnovabili ed ha emanato una normativa regionale con cui attribuisce
ad esse una dimensione di “comunità di Area”  e un ruolo di garanzia
che dovrà essere esercitato dal comune promotore:  il tutto mediante
un protocollo d’intesa  che prevede un ruolo di supervisione
nell’esecuzione dei progetti e nel rapporto con i membri della comunità.
La Regione Piemonte ha finanziato  4    progetti pilota sul territorio
dopo aver svolto analisi per la creazione delle seguenti comunità
energetiche:
Valle Maira (13 Comuni, 1 Unione Montana e 3 Società),
Pinerolese (6 Comuni e 5 aziende)
Monviso (9 Comuni, 1 Unione Montana e 1 BIM)
Valle Susa (31 Comuni, 2 Unioni Montane e 4 soggetti pubblici/privati)
 La  Regione individua la centralità dei comuni  che dovranno svolgere
i ruoli di:
promotore di iniziative
prosumer
punto informativo per i cittadini
e mantiene il ruolo di governance per il monitoraggio delle
iniziative  sul territorio, per  favorire la costituzione di CER nei
piani energetici dei comuni e delle province, per  definire le linee
guida e i modelli di business  idonei  alla promozione dei progetti e
delle azioni di networking.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) –   MISSION  2 del
PNRR – le CER
Le CER sono parte della Missione 2 – M2C2:
1.1  Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, investimento;
1.2  Promozione rinnovabili per le comunità energetiche e l’autoconsumo.
Sono stati stanziati 2,2 miliardi di euro per il finanziamento di
impianti di produzione di energie rinnovabili.
Un po’ di… numeri
Sono oltre 100 le comunità costituite in Italia e oltre 3500 quelle
costituite in Europa. Il futuro dell’energia è ad emissione zero,
scelta condivisa  unitamente anche alla  particolare attenzione per
ridurre agli sprechi. È ancora tanta la strada da percorrere, ma la
fiducia  del successo deve risiedere nella consapevolezza di tutti che
la produzione di energia rinnovabile e le comunità  energetiche Sono
parti imprescindibili di un processo di salvaguarda del nostro Pianeta
e degli esseri viventi che lo occupano.
Vito Coviello, Socio AIDR e Responsabile Osservatorio Tecnologie  
Digitali nel settore dei Trasporti e della Logistica

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